Lustrar le piastrelle: la guarigione da un incubo grazie agli esercizi filosofici.

Ho frequentato un memorabile ritiro di pratiche filosofiche in un inquietante convento. Uno di quei conventi del giorno d’oggi. Freddi come il marmo lucidato. Puliti. Inossidabili. Poi tutto è filato bene. Lo choc è stato all’inizio. Il pavimento. Si, quel pavimento mi faceva paura. Tirato a lustro in un modo che nemmeno dopo averci camminato sopra per 3 giorni di pioggia cinquanta persone è riuscito a sporcarsi. E’ il pavimento che all’inizio ha mosso in me ricordi  inquietanti. Viene in mente anche l’araucaria del “Il lupo della steppa” di Hermann Hesse. Cose orribili che finiscono per diventare sublimi. E viceversa. Gran mistero anche questo. Così la memoria si è messa in moto. Una memoria che mi ha riportato dritto all’infanzia. Anni cinquanta. Milano, via Savona 10. Adesso è diventato underground. C’è anche un teatro. Allora soltanto una via un po’ sfigata. Mio padre immigrato da poco da un paesello pugliese. La mamma invece a Milano ci è nata. Figlia di immigrati dello stesso paese ma vent’anni prima. Così lo ha accolto a Milano e lustrava le piastrelle in via Savona. China come la Maddalena che asciugava i  piedi con le chiome fluenti. E’ di quelle piastrelle che vorrei parlare. Mica lucide come quelle del convento inossidabile. Lì costava davvero fatica lustrarle. Allora non si parlava ancora del PIL. Si viveva nel boom economico e il livello sia  morale che sociale era determinato da quanto le piastrelle brillassero. Praticamente tutta la famiglia era un’azienda che aveva per oggetto sociale la lucidatura delle piastrelle. Al raggiungimento di questo obiettivo collaboravano tutti. Proletari al lavoro! Nanetti calzolai, sette nani: “Andiam, andiam, andiamo a lavorar!” Allegramente! I genitori, i nonni e, purtroppo, anche i bambini. Si, perchè quelli sporcavano un bel po’. E tutti i lavoratori ci davano sotto. Ma a far cosa? A camminare avanti e […]