L’ analisi biografica tra frammenti dispersi di sé.

Francesco Pazienza e Moreno Montanari

Ho lasciato i miei fedeli e pazienti lettori prima dell’estate somministrando il mio malinconico quaderno di dolenze.
Ne ho ricavato anche solidarietà, assenso, condivisione. In una parola: consolazione. A questo mirano le lamentazioni dolenti.

Mi ripropongo oggi con energia fecondata e rinnovata. Una estate sorprendente. Le braccia ricolme di nuovo entusiasmo e gratitudine.
Sono dolente. Nondimeno mi sento un uomo ricco. Pieno di gratitudine nei confronti di un destino il cui vento impetuoso, accade a tutti, non smette di spazzolare polverose velleità. Anche le mie.

Proverò ad esprimere tutto in un racconto che non prevedo breve. Si annuncia complesso e ricco di angoli nascosti, appena esplorati, pudicamente accennati qui.
Mi sono ritrovato a lavorare da diversi punti ad un unico libro. La mia biografia.

Dopo l’attraversamento del fango e delle acque termali è iniziato il periodo che ho indicato come lo splendore della memoria.

Da lì il lavoro biografico è diventata un’esigenza che risponde al titolo di una necessità nuova.
La indicherei come la necessità di ripercorrere quanto è già stato nella mia biografia, per tornare in possesso di quelle piccole parti di me che lì sono rimaste custodite con cura. Magari anche solo impigliate. Ma ci chiamano comunque.
Tornare a riprendersi parti disperse di sé  e contemplarle in una illuminazione nuova.
Queste piccole gocce preziose sono il miglior ricostituente per un organismo che, passata una certa svolta che si presenta come la forma tipica dell’indebolimento senile, immancabilmente richiede ricostituzione. Almeno nella forma possibile.
Questo lavoro, indirizzato verso lo splendore della memoria me ne ha offerto l’occasione.
Se abbiamo vissuto la nostra vita con una dose appena sufficiente di consapevolezza. Se siamo riusciti, anche in minima parte, a vivere con cura… allora questa rivisitazione riserva reperti altamente benefici.
Spesso la fretta, l’urgenza, ma anche una sana disposizione a riprendere il cammino verso il futuro, ci impongono di non soffermarci a godere dei frutti che ogni esperienza umana, magari lentamente, ma inesorabilmente, genera dal terreno.
La nostra biografia, il nostro vissuto, non è materia inerte, ma la più feconda, forse, tra le terre del Mondo.
Mi sono allora chinato ad assaporare i frutti maturati nel terreno, al riparo dal nostro sguardo sempre indiscreto.

Man mano che se n’è presentata occasione, ho cercato di effettuare devotamente questa benefica genuflessione.
Di qualcuno ho già parlato, di altre lo farò.
Ma tutte mi accompagnano in questa ripresa.

Ho rincontrato amici cari ormai lontani per inevitabili scelte del percorso e luoghi carichi di valore affettivo.
È così lontano un certo angolo della Toscana che ha offerto il tappeto su cui mi sono chinato negli anni del mio approfondimento  delle tecniche meditative? Anche di queste ho già parlato.
La Toscana dei ritiri di Vipassana con Corrado Pensa, Christopher Titmuss e molti al preziosi istruttori.

Generosamente fecondata dal passaggio di lama Thubten Yeshe, nei suoi ultimi anni. Thubten Yeshe Prima di volare via presso il corpicino di un bimbo spagnolo. Un bimbo che oggi ha una trentina d’anni d’anni è un sorprendente insegnante di Dharma. Se volete saperne di più (me lo auguro di cuore..!) non mancate di visitare questo intelligente documento. Un semplice articolo di giornale!

Stesso angolo di Toscana che fu punto di approdo in Italia delle prime venute oltralpe del venerabile Thich Nhat Hanh. Prima che in Italia qualcuno inventasse una tonaca in suo nome.

In quei dintorni ho ritrovato amici preziosi e fedeli. Pur nel percorso di strade diverse verso la meta comune del nostro viaggio. Ciascuno ricerca ancora una migliore conoscenza di sé! E insieme del Mondo.
Come esortava Goethe: Vuoi conoscere il Mondo? Guarda in te stesso! E, ovviamente viceversa.

Meno distante dalla pur vicina Toscana, i riquadri, sempre più generosamente cementati e asfaltati, di un comune nel Magentino.  Dove ho abitato per quasi un decennio, una ventina anni fa. Non lo ricordavo quasi più…
Ma è materia ancora incandescente qui presso di me.

Scelgo invece di ripartire dalla rivisitazione dei primi anni della mia pietosa (l’aggettivo è davvero appropriato) formazione universitaria.

L’interesse che mi muove a questo racconto non è un interesse per così dire autobiografico, autoreferenziale, intimistico.
Se lo faccio è perché mi appare l’unico modo onesto di capire tutto ciò che mi circonda.
Il lavoro biografico allora risponde alla domanda che la filosofia non smette di riproporci: “Che ci faccio io qui?”

La foto di copertina mi ritrae infatti insieme ad un amico invece del tempo presente. Un compagno di strada, analista biografico a orientamento filosofico, appunto.
A lui quindi, dopo aver condiviso luminosi giorni di mare e di sole, è dedicata questa paginetta.
Moreno Montanari è anche l’autore di un paio di libri che illustrano bene l’oggetto di questa nostra ricerca.
Il lavoro biografico come esercizio filosofico.

Tra pochi giorni potrete cominciare a leggerne qualche nuovo frammento. Se parlo di me è solo perché in fondo è l’argomento di cui mi pare di poter parlare con maggior competenza.
E lo faccio per incoraggiare altri a fare altrettanto. Con o senza l’aiuto di un analista.

Un racconto per indicare infine, se ce ne fosse bisogno, come lo splendore di ogni biografia ha radici in un sottosuolo in cui elementi sublimi ed elementi infimi si incontrano e si fecondano a vicenda.
Ogni splendore è impastato con infinite miserie.

Sto per mostrarvene qualcosa…. A prestissimo, amici lettori!

 

NB. Lo scatto in anteprima è opera di Giulia Valeria Bosco che saluto e ringrazio

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