Nuovi disegni e vecchie poesie

Francesco Pazienza

Francesco PazienzaNei mesi scorsi tra i miei post si è insinuata una pagina anomala. Questa.

Avevo promesso di riprendere il discorso e chiarirne il contesto. Eccomi qui, per questo.

Che senso ha avuto per me pubblicare una poesia scritta nel 1980? Mi sembra già generoso e sospetto definirla poesia.

Non contento di questo… Rincaro la dose!

Non è mia abitudine, credo, fare così….

Aggiungo uno scarabocchio colorato attuale, e anche in questo caso, mi vergogno a definirlo un disegno. Occorre che chiarisca un paio di cose.

Innanzi tutto, io non credo di fare o di aver mai fatto poesia.

Amo troppo la poesia. Sono anche abbastanza esigente nel valutarla. Ho la fortuna di aver conosciuto e di frequentare occasionalmente poeti di cui ho grande stima.

L’idea che i miei sgorbietti giovanili possano capitare in mano loro mi fa venire la pelle d’oca.

Ma dopo trent’anni di cassetto, visto che, come sto per raccontare, questi versi si affacciano alla memoria, decido che è un rischio che si può anche correre!

Ciascuno di noi ne corre senz’altro di peggiori ogni giorno.

Perchè dunque pubblicare, pur nella forma virtuale e aleatoria del Web?

Il motivo mi è straordinariamente chiaro.

Come mi è stato chiaro che, intorno ai miei quarant’anni, la recitazione mentale di qualche verso imparato a memoria era per me il ricostituente più efficace in momenti di difficoltà.

Per la mia piccola farmacia poetica mi son trovato a conoscere a memoria qualche verso di Marina Cvetaeva, di Pasternak, di Rilke, di Milo De Angelis.

Quest’ultimo, il mio preferito tra i contemporanei, è tra coloro che ho avuto la buona sorte di incontrare.

Ma in questi ultimi anni mi è successo qualcosa di diverso e di più inconfessabile. Nei momenti di difficoltà mi capita di rievocare con una certa pietà, ma anche con fervore, qualcuno dei miei versi giovanili.

Mi si affacciano alla memoria.

Emergono come se fossero i nodi di una corda che permetta l’ascesa sulla parete insidiosa del linguaggio.

Mi capita allora di far pace con la mia pochezza e di dirmi: In fondo, non sei cambiato poi tanto!

Cingo in un abbraccio il giovane che sono stato. Né più né meno che come quei giovani, miei ex-allievi al liceo, che ancora mi onorano della loro amicizia sui social network.

In ogni caso se voglio abbracciare un tronco, se voglio indagare una radice… non ho che quello. Lasciate che lo ripeta: forse non sono poi tanto cambiato.

Il fatto poi che abbia scelto di pubblicare un mio disegno è qualcosa di ancor più sbalorditivo.

Per tutta la mia giovinezza sono sempre stato considerato assolutamente negato per qualsiasi attività figurativa. E giustamente!

Non posso dimenticare di aver affrontato gli esami di riparazione almeno due volte in materia di disegno.

La terza bocciatura della mia carriera pre-universitaria, quella che ha inciso più drammaticamente sul corso della mia biografia, pare sia stata determinata anche dall’agguerrimento dell’insegnante di disegno verso di me.

Malgrado questo, a suo modo, deve avermi voluto bene. Io mi diverto ancor oggi a rievocare la sua figura, decisamente poco convenzionale.

Se penso a lui e a tutti gli altri sorrido. Non doveva essere affatto facile essere mio educatore.

Escludendo sporadici tentativi in momenti di disperazione poco oltre i miei 20 anni, non ho mai usato linguaggi figurativi.

Fu invece l’incontro con l’Antroposofia e con la pedagogia steineriana che mi condusse, dopo i quarant’anni, a frequentare corsi di formazione artistica, prevalentemente imperniati sulle tecniche dell’acquerello e della teoria dei colori goethiana.

Dopo una difficoltà iniziale invece, fui riconosciuto come molto capace. In quel contesto si considera spesso che un particolare talento o una abilità troppo strutturata risulti di ostacolo all’apertura d’animo che tali esercizi richiedono. Non si può certo curare un pittore con la terapia artistica dell’acquerello!

Il mio apprendistato in materia comunque durò tre anni scarsi. Compiuti i quali mi resi conto che, per quanto gli Steineriani non amino la psicanalisi, era privo di senso non continuare a sviluppare una competenza nella terapia della parola maturata in quindici anni di esperienza.

Così lasciai da parte pennelli e colori. È solo da pochi mesi che, dopo aver tolto una chitarra che faceva mostra si sé nel mio studio, ha fatto la sua comparsa la scatola dei colori.

Io spesso scarabocchio mentre ascolto, in qualche caso la offro ai pazienti o propongo loro di usare il colore o il disegno.

Forse, se non siamo poeti e non siamo pittori, davanti al verso e davanti al colore torniamo tutti bambini. E questo è utile. E non solo nelle psicoterapie!

Importante è aver ben chiaro che tornare bambini, contattare il bambino interiore, non vuol dir rimbambire!

3 pensieri su “Nuovi disegni e vecchie poesie

  1. E' da una vita che accumulo colori. Pastelli, matite, acquerelli, tempere, chine, gessetti, acrilici, oli, carboncini, scatole, astucci, pennelli, bicchierini, tavolozze, tele e poi carta, tanta carta di ogni tipo e misura.
    Talvolta mi capita, in giro con i miei figli, di incantarmi davanti alle vetrine dei colorifici, finchè loro mi strattonano per proseguire, come facevo io quando erano piccoli e ogni vetrina di balocchi era una tappa infinita.
    Di fatto uso poco questo mio tesoro di colori, mi mancano il tempo e lo spazio, ma accumularli mi dà gioia e sicurezza.
    Credo che esorcizzino la mia paura di perdere per sempre il contatto con quella bambina scontrosa e delicata che mi ha fatto tanto tribolare, ma che ho anche tanto amato. 

    1. Scusa il ritardo ma tra riavvio autunnale e acciacchi di salute….
      Penso ed esperisco anch’io che le cartolerie e generi affini meritino la dignità di vere, autentiche gioiellerie.
      Forse le gioiellerie dei poveri.
      Ma ben venga la ns povertà! Qualcuno ci ha promesso il regno dei cieli.
      Grazie dell’attenzione!

    2. Cara Patrizia,
      scusa una risposta tanto tardiva ma continuo ad accumulare momenti di debolezza e malattia e perdo spesso il filo!
      Due cose appaiono anche a me preziose!
      I bambini disadattati che molti di noi sono stati e….
      le cartolerie che considererei come le gioiellerie dei cuori semplici!
      Grazie dell’attenzione!

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