Psicologia dell’offerta

Studio di Francesco Pazienza

Il vento della crisi economica soffia tra gli alberi della nostra biografia. Ci spazzola tutti. Finirà per ripulirci?
Come ai lettori affezionati non sarà sfuggito, da un paio di settimane, sono in silenzio.
È un silenzio di cui sento la vocazione fin dal cuore dell’estate.
Fin dai giorni della discesa in sala motori. Nelle ore della psicologia dell’ormeggio.
Allora ho cominciato a riprendere la facoltà di leggere, ottenebrata da tempo, e, con questa, un dono che nel complesso ho gradito, ma che non a tutti, non sempre è gradito.
Ho capito quanto io abbia ancora tanta e tanta strada da fare! Tanto da migliorare. In parole povere… Tanto da lavorare.

L’ho capito leggendo qualcosa che mi è apparso, e lo sapevo da tempo, un maestro per me. Qualcuno che mi sia affine, ma che mi metta con le spalle al muro.
Qualcuno che mi dica: ma dove credi di arrivare con quelle paginette?
Ho trovato questo nell’opera di Ernst Bloch. In particolare nella sua opera “Tracce”, che consiglio vivamente a chi ami le mie più modeste paginette.
Ci troverà la stessa vocazione ad una indagine impegnativa che prenda però spunto dall’osservazione, dall’esperienza più minuta dei fatti della vita quotidiana.

C’è qualche spunto nel mio scrivere, ma c’è tanto ancora tanto da fare. Sia nella direzione di potare, tagliare, decantare, come in quella dell’approfondire, dell’andare avanti.
Davanti a questo appello ho sentito di ricevere energici impulsi, ma ho sentito anche che qualcosa mi è mancato e mi manca ancora.
Che spesso concepisco e progetto qualcosa che è superiore alle mie forze.

Lavorare è bello e ne ho tessuto l’elogio in varie paginette. Psicologia del lavoro e lavoro come gioco.
Il lavoro come gioco diverte. Un lavoro vissuto come gioco, riconoscendo nel gioco quanto di più serio, di più sacro sia dato all’esperienza umana, a volte, ci da la sensazione di eludere la fatica. A condizione però che il corpo, la salute del corpo, ci sorregga. Sopportare la fatica e il dolore implica forze fisiche, implica una buona salute.
A volte ho l’impressione che sia questa a mancarmi e soggiaccio all’accidia.
Per tessere l’elogio dell’accidia ho abbozzato un Quaderno d’accidia.  Lo considero una delle mie pagine più amate e importanti. Quando lo rileggo, però, sono insoddisfatto. Ma nemmeno riesco più a rimetterci mano.

Le ferite inferte al corpo sociale poi, direttamente o indirettamente, colpiscono tutti. Per delicatezza e discrezione preferisco non parlarne, ma già in diverse pagine ne ho accennato. L’ultima volta interrogandomi su Come abitare lo spazio virtuale. Inseguendo il sospetto che lo spazio virtuale sia un prolungamento dello spazio reale in cui si viva la vita reale, ma con insidie nascoste tutte da esplorare.

Tutto questo nel complesso mi ha portato a fare una operazione molto semplice.
Una sorta di inventario dei miei magazzini.
Da subito mi è nata l’immagine di un catalogo dell’offerta.

La mia prima insegnante di lavoro sulla biografia umana (Rosa Letelier) mi ha insegnato qualcosa da fare in momenti di crisi sociale ed economica.
Viviamo un nuovo paesaggio delineato dalla società post-moderna in cui la “mobilità occupazionale” entra prepotentemente nella biografia umana come nuova condizione.
A sempre meno persone è risparmiata la fatica di “riciclarsi”, di dover cambiare modo, tempo, organizzazione, committente o datore di lavoro.
Per far questo comunemente le persone stendono e diffondono i cosiddetti curriculum vitae. Tenendo nel cuore la lirica di Wisława Szymborska, mi sono abituato a considerare che diffondere un curriculum “porti male”, passatemi l’espressione…. Fare il curriculum porta sfiga!
Ho imparato a chiedermi non cosa hai fatto, ma: Che cosa sai davvero fare? Che cosa puoi offrire al mondo?
Non mi chiedo quale sarà il mio lavoro e chi sarà il mio datore di lavoro o il mio prossimo cliente.
Psicologia di una crisi - Offerta della luce

Mi chiedo cosa credo di saper fare e lo espongo alla finestra come si fa a Natale, disponendo candele accese la sera sui davanzali delle finestre. In modo da offrire al passante, per ogni finestra, una piccola scena illuminata.

 

Nel Buddismo esiste una cerimonia chiamata offerta della luce. Facendomi largo, su Google, sfogliando due pagine di offerte di forniture di elettricità, ho trovato l’immagine con cui vorrei concludere questa paginetta.

Per l’immagine di copertina, il cui senso può risultare per ora enigmatico è una immagine scattata da me in questi giorni nel mio studio, mi riprometto di decifrare l’enigma nella prossima pagina. Chiedo di attendere.

Concludo invece annunciando nei prossimi giorni l’inizio della pubblicazione del mio Calendario dell’offerta(Curioso lapsus che ritrovo in bozza e decido si non correggere…. intendevo “Catalogo dell’offerta”. “Calendario” è quello dell’Avvento!)
Sarà questa la mia finestra illuminata per Natale. La mia offerta della Luce.
La mia risposta alla domanda: Che cosa davvero sai fare? Che cosa ho da offrire al Mondo?
Se è qualcosa di utile e buono, il mondo se lo prenderà spontaneamente.
Il Mondo ha bisogno dell’offerta del lavoro umano.
Ha bisogno di questo dono.
Parlo di “dono” nel senso indicato ne La restituzione del dono.
Questa una delle mie credenze più radicali.

Ecco allora il senso del mio catalogo dell’offerta. L’inventario delle cose che posso e che credo di saper fare…
La pubblicazione inizierà la settimana prossima.
Che sia questo il dono, il regalo di Natale che posso fare ad un mondo in crisi?

Psicologia di una crisi - Offrire la luce

2 pensieri su “Psicologia dell’offerta

  1. Sei sempre denso e intenso.. e sono sempre onorata di esserti sorella, splendido (sembra troppo, ma aver la voglia di varcare confini e limiti, porta lo sguardo ad andare sempre oltre) 2013!! grazie e un abbraccio affettuoso

    1. Cara Clary, ti ringrazio della tua attenzione e del tuo affetto. Per il moto dell’anima che mi rivolgi sono sicuro che altrettanto te ne tornerà per te stessa e per la tua vita. Sarà quindi un buon 2013 per noi. Se non lo fosse ci eserciteremo nell’accettazione della croce dei tempi che ci tocca di vivere. Con affetto ancora.
      PS Possiamo essere onorati di essere fratello e sorella perché abbiamo scelto questa relazione in nome della affinità elettiva.
      I fratelli e sorella di sangue non hanno alcun merito per il fatto di esserlo!

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